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Partito come moderno principe

Aldo Tortorella, già membro della Segreteria del Pci - deputato.

Il «Principe» del Machiavelli non viene visto da Gramsci solo come prima compiuta espressione della scienza della politica. Egli sottolinea; naturalmente, la originale funzione del Machiavelli: colui che, per primo, distacca la trattazione della politica da quella della religione e della morale e si sforza di individuare le leggi universali e generali dell'opera di tutti i grandi che hanno fatto politica. Ma Gramsci sottolinea anche che il «Principe» va letto non solo come un trattato di scienza della politica (sia pure come il trattato fondativo) ma anche come un testo politico storicamente concreto, destinato nell'intenzione dell'autore - ad un intento concreto: e, cioè, al concreto scopo di rivolgersi alla «classe rivoluzionaria del tempo, il "popolo", la "nazione italiana", la democrazia cittadina che esprime dal suo seno i Savonarola e i Pier Soderini...» (Quaderno XIII, 20)
Un testo, dunque, dal «carattere essenzialmente rivoluzionario», come lo è la «filosofia della praxis» destinata anch'essa a parlare alla nuova classe sorta nel seno dei nuovi rapporti di produzione per indirizzarne e guidarne gli sforzi.
Questi sforzi non potrebbero essere coronati di alcun risultato se un «moderno Principe» (in quanto nuova teoria della politica) non fosse scritto, e un «moderno Principe» (in quanto attore della storia) non fosse costituito e non prendesse il suo posto dentro la realtà concreta del tempo presente: un «moderno Principe», che non può essere altro che il nuovo soggetto collettivo già storicamente affermatosi e cioè il partito politico.
La teoria da scrivere deve riguardare la nascita stessa e la possibilità, a partire da un riesame storico che vada alle radici della vicenda nazionale, del costituirsi di una «volontà collettiva» (la volontà intesa come «coscienza operosa della necessità storica, come protagonista di un reale ed effettuale dramma storico»), le ragioni dei suoi fallimenti, le condizioni del suo possibile affermarsi nello scontro concreto tra le classi. E di questa teoria del «moderno Principe» la seconda parte dovrà riguardare la «questione di una riforma intellettuale e morale» di cui il nuovo protagonista della storia dovrà farsi protagonista (Q. XIII, 2).
Questo atteggiamento di Gramsci non può essere separato dal contesto storico in cui egli vive e lotta, essendo nel fondo di un carcere, dopo una drammatica sconfitta del movimento operaio e della democrazia. La sua riflessione si svolge nella opposizione ad una forza totalitaria e che totalitariamente esprime una dura e spietata tirannide di classe ammantata di ideologia:. il nuovo e «moderno Principe» - e cioè il partito della trasformazione socialista - non poteva presentarsi sull'arena di quella terribile lotta con minori certezze. Tanto più che esso parlava unicamente in nome di una speranza.
Ma per una valutazione corretta di questa accentuazione totalizzante bisogna anche ricordare che, in Gramsci, questa visione del partito non è quella di una organizzazione burocratica o di uno strumento di potere, ma quella di una potenza ideale destinata a compiere quella «riforma intellettuale e morale» che ha nella riforma economica della società soltanto il «modo concreto di manifestarsi».
Il «moderno Principe», anzi, proprio perché compie quella riforma intellettuale e morale storicizzando la realtà e i valori - e storicizzando anche se stesso - diventa la base di «un laicismo moderno e di una completa laicizzazione di tutta la vita e di tutti i rapporti di costume» (ibidem).
Così il partito di cui Gramsci traccia l'idea ha un compito altissimo, politicamente e moralmente. Viene di qui una concezione che tende a fare del «moderno Principe» un soggetto che può porsi come assoluto: «Il "moderno Principe", sviluppandosi, sconvolge tutto il sistema di rapporti intellettuali e morali in quanto il suo svilupparsi significa appunto che ogni atto viene concepito come utile o dannoso, come virtuoso o scellerato, solo in quanto ha come punto di riferimento il "moderno Principe" stesso, e serve a incrementare il suo potere o a contrastarlo» (Q. XIII, l).
Questa concezione del partito in Gramsci non può dunque essere ridotta e banalizzata - come è stato fatto - quasi che essa costituisse l'imitazione o l'eco di quel che intanto andava accadendo nell'Urss e del ruolo che vi acquistava il partito.
Era una concezione che, tuttavia, andava superata; e così è già in Togliatti con l'idea del «partito nuovo», cui si aderisce su base programmatica. Il laicismo moderno e la laicizzazione integrale che Gramsci considerava come finalità essenziale avrà bisogno di un partito comunista che, senza nulla perdere del proprio impegno ideale e morale, sappia considerarsi come un soggetto tra gli altri: capace di battersi per i propri convincimenti e per i propri programmi senza ignorare le ragioni degli altri.

Gramsci I QUADERNI DEL CARCERE ED ECHI IN GUTTUSO

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