Armando, "filosovietico" ma non solo
di Emanuele Macaluso
È morto Cossutta. Alla nostra età non si può certo dire che non me l’aspettavo. Eppure, la notizia mi ha provocato una grande emozione. Lui sostenne un altro pezzo della complessa storia del Pci, che è anche la mia storia, non solo politica ma umana. Il Pci fu, infatti, una grande forza politica ma anche una comunità di persone impegnate a far prevalere non solo la politica ma valori e comportamenti comuni anche nella diversità.
Gli avevo telefonato alcuni giorni fa. Sapevo che stava male dopo una brutta caduta che lo costringeva in carrozzella ed era molto avvilito per la scomparsa della moglie, Emy, con la quale aveva un rapporto fortissimo. Tuttavia Armando era lucido e parlammo dei nostri guai ma anche di politica.
Oggi “La Repubblica” scrive di Cossutta come del più filosovietico del Pci. Non è stato proprio così anche se c’è un pezzo di verità. Cossutta fa parte della generazione - la mia - che dopo quella di Togliatti e dei fondatori, e delle generazioni appena successive, vissero una lunga clandestinità, soprattutto espatriati in Urss, in carcere, al confino. Armando partecipò alle Resistenza e alla rifondazione del Pci. Questa generazione, e anche quella di Berlinguer, forgiatasi negli Anni ’40 e ’50, e nelle lotte degli Anni ’60, ha avuto responsabilità dirigente in grandi organizzazioni e alla direzione del Pci.
A Milano, Cossutta, dopo Sesto San Giovanni, diresse la federazione del Pci e poi il Comitato regionale della Lombardia. In questi ruoli svolse una forte azione di rinnovamento del partito, soprattutto dopo il 1956 e la battaglia politica conclusasi nell’VIII congresso del Pci. Successivamente, anche nella segreteria e nella direzione, prima con Longo e poi con Berlinguer, Cossutta mantenne una coerente linea di sostegno ai due segretari e all’opera di rinnovamento politico. Quando nel 1975 Berlinguer sostituì Cossutta come coordinatore della segreteria si manifestò un forte dissenso che, via via, Armando accentuò. E, siccome negli anni in cui fu coordinatore ebbe modo di avere frapporti con alcuni alti dirigenti del Pcus, usò questi contatti per organizzare, già nel Pci, una corrente di opposizione a Berlinguer proprio negli anni in cui questi operava per far nascere una solida autonomia dall’Urss. E fu proprio Cossutta a definire “strappi” quegli atti di Berlinguer. Quando nel 1989 Occhetto avviò la “svolta” della Bolognina, il gruppo che stava attorno a lui diventò un punto forte - anche perché organizzato - di uno schieramento più vasto (non erano tutti “cossuttiani” e si ricorderà che il primo segretario fu il sindacalista Garavini).
La storia di Rifondazione Comunista è nota. Io considero quella rottura una iattura per la sinistra. Tuttavia devo ricordare che quando RC collaborò con Romano Prodi nell’area di governo e si pose il problema della fiducia all’esecutivo, Cossutta mantenne viva la sensibilità politica maturata nel Pci e si schierò per il governo rompendo con il partito. È anche noto che da allora cominciò la deriva di quel partito e Armando progressivamente si ritirò dall’agone politico rimanendo un militante della sinistra e vicepresidente dei partigiani, per la sua storia di combattente e di sopravvissuto ad una condanna a morte. L’ho detto all’inizio: la sua scomparsa mi commuove e voglio ricordare Armando con affetto rivolgendo ai suoi figli le mie condoglianze più sincere.
È morto Cossutta. Alla nostra età non si può certo dire che non me l’aspettavo. Eppure, la notizia mi ha provocato una grande emozione. Lui sostenne un altro pezzo della complessa storia del Pci, che è anche la mia storia, non solo politica ma umana. Il Pci fu, infatti, una grande forza politica ma anche una comunità di persone impegnate a far prevalere non solo la politica ma valori e comportamenti comuni anche nella diversità.
Gli avevo telefonato alcuni giorni fa. Sapevo che stava male dopo una brutta caduta che lo costringeva in carrozzella ed era molto avvilito per la scomparsa della moglie, Emy, con la quale aveva un rapporto fortissimo. Tuttavia Armando era lucido e parlammo dei nostri guai ma anche di politica.
Oggi “La Repubblica” scrive di Cossutta come del più filosovietico del Pci. Non è stato proprio così anche se c’è un pezzo di verità. Cossutta fa parte della generazione - la mia - che dopo quella di Togliatti e dei fondatori, e delle generazioni appena successive, vissero una lunga clandestinità, soprattutto espatriati in Urss, in carcere, al confino. Armando partecipò alle Resistenza e alla rifondazione del Pci. Questa generazione, e anche quella di Berlinguer, forgiatasi negli Anni ’40 e ’50, e nelle lotte degli Anni ’60, ha avuto responsabilità dirigente in grandi organizzazioni e alla direzione del Pci.
A Milano, Cossutta, dopo Sesto San Giovanni, diresse la federazione del Pci e poi il Comitato regionale della Lombardia. In questi ruoli svolse una forte azione di rinnovamento del partito, soprattutto dopo il 1956 e la battaglia politica conclusasi nell’VIII congresso del Pci. Successivamente, anche nella segreteria e nella direzione, prima con Longo e poi con Berlinguer, Cossutta mantenne una coerente linea di sostegno ai due segretari e all’opera di rinnovamento politico. Quando nel 1975 Berlinguer sostituì Cossutta come coordinatore della segreteria si manifestò un forte dissenso che, via via, Armando accentuò. E, siccome negli anni in cui fu coordinatore ebbe modo di avere frapporti con alcuni alti dirigenti del Pcus, usò questi contatti per organizzare, già nel Pci, una corrente di opposizione a Berlinguer proprio negli anni in cui questi operava per far nascere una solida autonomia dall’Urss. E fu proprio Cossutta a definire “strappi” quegli atti di Berlinguer. Quando nel 1989 Occhetto avviò la “svolta” della Bolognina, il gruppo che stava attorno a lui diventò un punto forte - anche perché organizzato - di uno schieramento più vasto (non erano tutti “cossuttiani” e si ricorderà che il primo segretario fu il sindacalista Garavini).
La storia di Rifondazione Comunista è nota. Io considero quella rottura una iattura per la sinistra. Tuttavia devo ricordare che quando RC collaborò con Romano Prodi nell’area di governo e si pose il problema della fiducia all’esecutivo, Cossutta mantenne viva la sensibilità politica maturata nel Pci e si schierò per il governo rompendo con il partito. È anche noto che da allora cominciò la deriva di quel partito e Armando progressivamente si ritirò dall’agone politico rimanendo un militante della sinistra e vicepresidente dei partigiani, per la sua storia di combattente e di sopravvissuto ad una condanna a morte. L’ho detto all’inizio: la sua scomparsa mi commuove e voglio ricordare Armando con affetto rivolgendo ai suoi figli le mie condoglianze più sincere.